L’articolo di Emanuele Capone su La Repubblica illustra la crescita degli investimenti in Intelligenza Artificiale e l’impatto che queste potranno avere nel mondo del lavoro nei prossimi decenni.

Intelligenze artificiali in grado di creare dal nulla (almeno apparentemente) le immagini, di aiutarci a scrivere testi e a programmare, di realizzare gli effetti speciali per i film e le serie tv più amate: da più o meno 6 mesi a questa parte, le IA sono l’argomento di cui più si parla nel mondo tech. E anche in cui più si investe.

I miliardi messi da Microsoft dentro a OpenAI e quelli (presumibilmente) spesi da Google per integrare le IA all’interno dei suoi software, sono solo la punta di un iceberg gigantesco: secondo i dati elaborati da NetBase Quid sulla base dell’AI Index Report dell’Università di Stanford, gli investimenti nelle intelligenze artificiali sono cresciuti di 30 volte in meno di 10 anni.

Le IA sono il 2,5% della forza lavoro a Singapore


Nel dettaglio, siamo passati dai poco più di 6 miliardi di dollari investiti a livello mondiale nelle IA nel 2013 ai quasi 180 miliardi di dollari del 2021: è un valore impressionante, soprattutto se si considera che l’elaborazione non tiene conto dell’ultimo paio d’anni, quelli dove c’è stata una notevole accelerata in questo settore.

Allo stesso modo, è impressionante notare i progressi fatti dalle IA con investimenti iniziali relativamente scarsi e anche provare a immaginare che cosa potrebbe accadere da qui in avanti, con i soldi che sembrano pressoché infiniti.

Anche perché non sono solo gli investimenti a essere cresciuti negli ultimi 8 anni: ci sono Paesi, come Singapore, dove quasi il 2,5% della forza lavoro è impegnata con le IA (era meno dello 0,2% nel 2013) e altri, come gli Stati Uniti, dove il numero di dipendenti del settore è triplicato. A livello mondiale, inoltre, le conferenze e gli eventi dedicati all’intelligenza artificiale attirano ogni anno circa 90mila persone, cioè 10 volte più che nel 2013.

Tutto questo mentre i ricercatori stanno iniziando a trovare modi per consentire alle IA di contribuire allo sviluppo delle IA (attraverso la cosiddetta ottimizzazione dell’architettura di rete neurale) e le stesse intelligenze artificiali imparano da sole a fare cose che non ci si aspettava imparassero.

L’impatto sul mondo del lavoro


Quello degli effetti che le IA avranno sull’occupazione è comunque un aspetto da non trascurare: secondo un recente report di Goldman Sachs, le intelligenze artificiali potrebbe sostituire circa 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno negli Usa e in Europa e i fondatori di OpenAI ritengono che sino all’80% dei lavoratori statunitensi potrebbero vedere alcune delle loro mansioni svolte dagli LLM.

Un sondaggio di Pew Research (questo) condotto su oltre 11mila adulti americani ha rivelato che una forte maggioranza degli intervistati (il 62%) ritiene che l’IA avrà un impatto importante sui lavoratori nei prossimi 20 anni. E però, solo il 28% pensa che avrà conseguenze significative su di loro personalmente, mentre il 35% si aspetta solo un impatto minore su se stesso.

Nel complesso, la maggioranza del campione sembra attendersi ripercussioni soprattutto negative: circa il 32% ritiene che l’intelligenza artificiale sarà più dannosa che utile per i lavoratori e più del 15% pensa che sarà personalmente influenzato in modo non positivo.

Fra l’altro, il sondaggio è stato condotto a dicembre 2022, cioè circa un mese dopo il rilascio pubblico di ChatGPT e prima che venissero resi disponibili Bing potenziato con l’IA, Bard di Google e che OpenAI svelasse GPT-4 al mondo.

@capoema

Fonte: La Repubblica